Domenica 25 marzo 2018 - Sala Aurora - Palazzo Arese-Borromeo - ore 17,00 - ingresso libero

Cantieri Musicali 2018

Alessia ORLANDI, pianoforte - Daniele BOGNI, violoncello

 

 

Due grandi Sonate romantiche

Johannes BRAHMS (1833-1897) - Sonata n° 2 in Fa maggiore per violoncello e pianoforte, op. 99 (Allegro Vivace - Adagio affettuoso - Allegro Passionato - Allegro molto)

La seconda sonata per violoncello e pianoforte di Brahms fu scritta per Robert Hausmann, il violoncellista del quartetto Joachim, che Brahms apprezzava sia come solista che come fine camerista.

Come successe a Mendelssohn, anche Brahms nella sua seconda sonata per violoncello riesce a raggiungere maggiore profondità e drammaticità espressiva, nonché passionalità fortemente romantica unita ad una serenità quasi bucolica.
La sonata fu scritta in Svizzera durante un felice soggiorno di Brahms in agosto sul tranquillo lago di Thun.
Più profonda e drammatica della prima sonata in Mi minore, nella sonata in Fa maggiore aleggia una fortissima passionalità romantica, già dal vigoroso tema iniziale simile a delle eroiche esclamazioni interrotte da delle pause dal forte sapore retorico, all'interno del primo movimento Brahms usa un interessante artificio per enfatizzare lo stato di elevata emozione, dà al violoncello una sorta di tremolo legato su due corde, quasi ad imitazione del cymbalon, uno strumento del folklore ungherese.

Il secondo movimento, scritto in Fa diesis maggiore (una tonalità molto lontana da fa maggiore), è il "cuore" lirico della sonata dove il violoncello può far risaltare le sue doti di cantabilità, notevole in questo movimento l'uso del pizzicato, sapientemente messo da Brahms per sottolineare i momenti più drammatici.
Il terzo movimento, uno scherzo dal perfetto carattere dell'intermezzo pianistico brahmsiano costruito sul dialogo dei due strumenti, è in forma tripartita, la parte centrale serena e cantabile è in contrasto con lo slancio romantico del tormentato tema principale.

La sonata si conclude con un sereno rondò con al centro un episodio severo e appassionato in una tonalità lontana (Sib minore).

La prima esecuzione di questa sonata fu ad opera di Robert Hausmann e dell'autore nel 1886 nella piccola sala della Società musicale di Berlino.

 

Fryderyk CHOPIN (1810-1849) - Sonata in Sol minore per violoncello e pianoforte, op. 65 (Allegro moderato -  Scherzo - Largo - Finale, Allegro)

È noto come, nei primi anni parigini, Chopin abbia resistito alle lusinghe di quanti gli chiedevano di applicarsi alla stesura di sinfonie e generi più impegnativi, maturando la decisione di consacrarsi solo al suo strumento. «Mozart abbracciava l'intero dominio della creazione musicale» scrisse a un amico a 24 anni «ma io ho solamente la tastiera nella mia povera testa. Io conosco i miei limiti, e so che diventerei matto se provassi a volare alto senza averne le capacità. Mi spingono al suicidio chiedendomi di scrivere sinfonie ed opere, e vogliono che io sia tutt'insieme un Rossini-Mozart-Beethoven polacco. Ma io rido dentro di me e rifletto che uno deve partire dalle piccole cose. Io sono solamente un pianista...».

Parole davvero troppo modeste, se si considerano le frontiere avveniristiche del pianismo di Chopin, e la sua portata rivoluzionaria. E tuttavia il catalogo di Chopin comprende pochissimi lavori che non siano affidati al pianoforte solo, o al pianoforte accompagnato dall'orchestra. Se si eccettuano le liriche per voce e pianoforte, la musica da camera di Chopin comprende appena cinque numeri d'opera, tre dei quali (Introduzione e Polonaise in do maggiore op.3 del 1830, Grand Duo in mi maggiore su temi da "Robert le Diable" di Meyerbeer del 1832 e la Sonata in sol minore op. 65) sono per violoncello e pianoforte. Di tutti questi brani cameristici solo la Sonata op.65 appartiene agli anni maturi del compositore, e costituisce dunque l'eccezione più vistosa ed importante al privilegio esclusivo riservato dall'autore al pianoforte.

All'origine della Sonata, come anche del Grand Duo, si pone lo stretto rapporto di amicizia di Chopin con il violoncellista August-Joseph Franchomme (1808-1884), solista che rivestì una certa importanza nella vita musicale parigina, per l'attività presso l'orchestra dell'Opera, prima, del Théatre-Italien, poi, e per la cattedra al Conservatoire. I due si conobbero subito dopo l'arrivo di Chopin a Parigi, nel 1831, e instaurarono uno stretto rapporto di amicizia destinato a durare negli anni; Franchomme aiutò il compositore a mettere a punto la scrittura violoncellistica del Grand Duo, a revisionare quella dell'Introduzione e Polonaise op. 3, e addirittura a preparare un catalogo tematico delle sue opere. Lo assistette inoltre anche negli affari finanziari, gli fu vicino durante l'agonia (si narra che dopo aver ricevuto l'estrema unzione il compositore chiedesse a Franchomme di suonargli le battute introduttive della sonata per violoncello) e ne sorresse poi il feretro ai funerali.

Non stupisce insomma che proprio al violoncello guardasse Chopin per ampliare gli argini pianistici del proprio catalogo. Lo spartito nacque nel 1845-46, con molti dubbi e ripensamenti, come testimoniano le cancellature dell'autografo, per tacere delle testimonianze epistolari alla famiglia: «Della mia sonata per violoncello a volte mi sento soddisfatto, a volte insoddisfatto. La accantono, poi la riprendo» (11 ottobre 1846). La sonata ebbe una esecuzione privata completa nell'aprile 1847, poi, sempre con Chopin e Franchomme come esecutori, una esecuzione parziale, senza il tempo iniziale, nel corso del recital tenuto da Chopin a Parigi il 16 febbraio 1848; doveva essere quello l'ultimo concerto pubblico del compositore, che non si esibiva da sei anni a Parigi.

4 marzo/6 maggio 2018 - Cesano Maderno - Cantieri Musicali 2018

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